composizione con cartoncini |
[TL;DR] Quando vedo questo piccolo lavoro penso a due persone che stanno viaggiando, non so se siano in fuga o se stiano andando verso una meta precisa, oppure se stanno simbolicamente attraversando i luoghi ed i tempi osservandoli con occhi che non giudicano ma che scoprono e ponderano su ciò che vedono.
Nonostante alcuni acciacchi quotidiani o momenti in cui necessito di ristabilire l'equilibrio anche io sento di essere un po' in viaggio in questo momento, in viaggio dentro la mia testa e dentro le infinite possibilità della mia persona. Ieri ho rivisto un film dopo diversi anni, Waking Life, un film in cui praticamente si assiste a tutta una serie di pensieri, opinioni, immaginazioni che vengono espresse da diversi personaggi ed un uomo anziano si pone la domanda se la più grande nemica dell'uomo sia la sua paura o la sua pigrizia.
Io provo spesso paura, paura dell'abbandono e paura della morte per lo più e per carattere avevo sviluppato una sorta di pigrizia cosmica che sto cercando costantemente di combattere; è una cosa difficilissima perché siamo spesso portati a ritornare sui nostri comodi binari ma io non ho intenzione di tornarci, voglio percorrere strade diverse e non voglio provare paura perché non voglio più avere il senso dell'appartenenza. Io non voglio ritrovarmi, voglio perdermi per abbracciare le insicurezze, i traumi ma senza più dire 'questa è la vera me' come mi è successo già una volta, che è una fesseria assurda, non esiste una vera me, esiste una persona che ha vissuto e sta vivendo diverse cose che la porteranno a crescere o comunque a scoprire.
Gilgamesh prima della foresta dei cedri era quasi arrogante ed infantile nella sua volontà e voglia di vedere il proprio nome impresso sulla storia e nella leggenda, ma dopo ha dovuto assistere al disfacimento di un essere suo gemello, ovvero parte integrante di sé e piuttosto che lasciarsi trascinare, nonostante il dolore ha cercato di comprendere, ha viaggiato per mondi surreali prima di tenere fra le mani la comprensione.
Io voglio vivere e mi sento viva quando ci sto dentro con tutta me stessa, quando ci sto a metà mi sento sempre in fallo, come quando guardo un mio disegno e non sono convinta, come quando vorrei spaccare la tela e strappare il foglio sperando che dal sangue possa uscirne fuori qualcosa di vivo, di veramente vivo.
Io il viaggio lo sto cominciando solo adesso, solo adesso sto comprendendo una cosa a cui non avevo mai fatto caso prima.
Quando ero piccola, poco dopo gli 11 anni, un mio zio giovanissimo (24 anni) è morto di una forma tumorale terribile, io da sempre ho pensato che fosse stato l'evento della morte a portare ad un cambiamento della mia personalità, perché effettivamente da qual momento in poi, complice la pubertà, ho cominciato a diventare o meglio a manifestare di più il mio essere riflessiva e a chiudere un po' dentro certe sensazioni che magari prima esprimevo più facilmente, ma in realtà mi sono accorta che la potenza di quell'evento non è stato nella sua conclusione, bensì nel suo intero sviluppo.
Nessuno mi aveva detto che mio zio fosse malato così gravemente, ero la più piccola e mi avevano lasciata innocente dicendomi che aveva un polipetto da operare, ma avevo capito sin da subito che la questione era più grave perciò anche se non ne ero esattamente conscia ho vissuto tutti i momenti di quell'anno con mio zio con la consapevolezza che sarebbero stati gli ultimi; mi ricordo tutte le volte che ci siamo visti, tutte le volte che è venuto dai miei e persino quando mi è venuto a prendere a scuola, addirittura ricordo di avere avuto una sorta di sogno in cui lui si presentava a scuola ma non c'era fisicamente più, fra l'altro quell'anno abbiamo festeggiato il compleanno insieme facendolo a tre giorni di distanza. Quando alla fine è morto, non ero stupita o sorpresa e nemmeno mi sono mai disperata, ma ho cominciato invece e fare a supporto morale agli adulti.
I mesi successi li ho spesi quasi creando una sorta di identificazione con mio zio e con il suo carattere, ho messo un orecchino in suo ricordo e ogni giorno in estate andavo a salutare i suoi amici, era come se fossi già diventata adulta in un certo modo.
Da allora la morte nel senso della sua avvenuta non mi ha mai provocato particolari scossoni, odio i funerali e le veglie, ma non mi impressiona un corpo morto, è tanto di più l'attesa che mi distrugge, il pensiero che certe volte mi ha preso la gola e non mi ha fatta respirare, come all'inizio di quest'anno, perché è come se in quell'anno io avessi già imparato quanto la nostra esistenza sia instabile; fra l'altro mio zio aveva anche una ragazza che è stata accanto a lui fino all'ultimo istante e quindi all'epoca mi sono chiesta da subito quanto potesse essere doloroso per una persona che ha trovato un compagno doversene distaccare in modo così brusco e quasi meschino.
Insomma, ero già sensibile di mio a diverse cose, certe musiche di pubblicità mi facevano stare malissimo ad esempio, e questo evento penso abbia contribuito in modo pesante al mio sviluppo successivo e alla costruzione di alcuni miei timori.
Solo adesso, però, sto cominciando a riprendere in considerazione tutto, a scavare un po' nella mia persona cercando di metabolizzare certi avvenimenti nel modo più corretto e sereno possibile.
Io ho sempre amato mio zio da quel momento, ma la verità è che ero troppo piccola per averlo conosciuto veramente bene e solo in quell'anno si sono catalizzate forze e volontà di essergli vicina, di comprendere in silenzio quello che gli stava succedendo e ho stabilito una connessione tutta mia e personale con quella persona, senza sapere se fossi mai stata capace di trasmetterla.
Nonostante alcuni acciacchi quotidiani o momenti in cui necessito di ristabilire l'equilibrio anche io sento di essere un po' in viaggio in questo momento, in viaggio dentro la mia testa e dentro le infinite possibilità della mia persona. Ieri ho rivisto un film dopo diversi anni, Waking Life, un film in cui praticamente si assiste a tutta una serie di pensieri, opinioni, immaginazioni che vengono espresse da diversi personaggi ed un uomo anziano si pone la domanda se la più grande nemica dell'uomo sia la sua paura o la sua pigrizia.
Io provo spesso paura, paura dell'abbandono e paura della morte per lo più e per carattere avevo sviluppato una sorta di pigrizia cosmica che sto cercando costantemente di combattere; è una cosa difficilissima perché siamo spesso portati a ritornare sui nostri comodi binari ma io non ho intenzione di tornarci, voglio percorrere strade diverse e non voglio provare paura perché non voglio più avere il senso dell'appartenenza. Io non voglio ritrovarmi, voglio perdermi per abbracciare le insicurezze, i traumi ma senza più dire 'questa è la vera me' come mi è successo già una volta, che è una fesseria assurda, non esiste una vera me, esiste una persona che ha vissuto e sta vivendo diverse cose che la porteranno a crescere o comunque a scoprire.
Gilgamesh prima della foresta dei cedri era quasi arrogante ed infantile nella sua volontà e voglia di vedere il proprio nome impresso sulla storia e nella leggenda, ma dopo ha dovuto assistere al disfacimento di un essere suo gemello, ovvero parte integrante di sé e piuttosto che lasciarsi trascinare, nonostante il dolore ha cercato di comprendere, ha viaggiato per mondi surreali prima di tenere fra le mani la comprensione.
Io voglio vivere e mi sento viva quando ci sto dentro con tutta me stessa, quando ci sto a metà mi sento sempre in fallo, come quando guardo un mio disegno e non sono convinta, come quando vorrei spaccare la tela e strappare il foglio sperando che dal sangue possa uscirne fuori qualcosa di vivo, di veramente vivo.
Io il viaggio lo sto cominciando solo adesso, solo adesso sto comprendendo una cosa a cui non avevo mai fatto caso prima.
Quando ero piccola, poco dopo gli 11 anni, un mio zio giovanissimo (24 anni) è morto di una forma tumorale terribile, io da sempre ho pensato che fosse stato l'evento della morte a portare ad un cambiamento della mia personalità, perché effettivamente da qual momento in poi, complice la pubertà, ho cominciato a diventare o meglio a manifestare di più il mio essere riflessiva e a chiudere un po' dentro certe sensazioni che magari prima esprimevo più facilmente, ma in realtà mi sono accorta che la potenza di quell'evento non è stato nella sua conclusione, bensì nel suo intero sviluppo.
Nessuno mi aveva detto che mio zio fosse malato così gravemente, ero la più piccola e mi avevano lasciata innocente dicendomi che aveva un polipetto da operare, ma avevo capito sin da subito che la questione era più grave perciò anche se non ne ero esattamente conscia ho vissuto tutti i momenti di quell'anno con mio zio con la consapevolezza che sarebbero stati gli ultimi; mi ricordo tutte le volte che ci siamo visti, tutte le volte che è venuto dai miei e persino quando mi è venuto a prendere a scuola, addirittura ricordo di avere avuto una sorta di sogno in cui lui si presentava a scuola ma non c'era fisicamente più, fra l'altro quell'anno abbiamo festeggiato il compleanno insieme facendolo a tre giorni di distanza. Quando alla fine è morto, non ero stupita o sorpresa e nemmeno mi sono mai disperata, ma ho cominciato invece e fare a supporto morale agli adulti.
I mesi successi li ho spesi quasi creando una sorta di identificazione con mio zio e con il suo carattere, ho messo un orecchino in suo ricordo e ogni giorno in estate andavo a salutare i suoi amici, era come se fossi già diventata adulta in un certo modo.
Da allora la morte nel senso della sua avvenuta non mi ha mai provocato particolari scossoni, odio i funerali e le veglie, ma non mi impressiona un corpo morto, è tanto di più l'attesa che mi distrugge, il pensiero che certe volte mi ha preso la gola e non mi ha fatta respirare, come all'inizio di quest'anno, perché è come se in quell'anno io avessi già imparato quanto la nostra esistenza sia instabile; fra l'altro mio zio aveva anche una ragazza che è stata accanto a lui fino all'ultimo istante e quindi all'epoca mi sono chiesta da subito quanto potesse essere doloroso per una persona che ha trovato un compagno doversene distaccare in modo così brusco e quasi meschino.
Insomma, ero già sensibile di mio a diverse cose, certe musiche di pubblicità mi facevano stare malissimo ad esempio, e questo evento penso abbia contribuito in modo pesante al mio sviluppo successivo e alla costruzione di alcuni miei timori.
Solo adesso, però, sto cominciando a riprendere in considerazione tutto, a scavare un po' nella mia persona cercando di metabolizzare certi avvenimenti nel modo più corretto e sereno possibile.
Io ho sempre amato mio zio da quel momento, ma la verità è che ero troppo piccola per averlo conosciuto veramente bene e solo in quell'anno si sono catalizzate forze e volontà di essergli vicina, di comprendere in silenzio quello che gli stava succedendo e ho stabilito una connessione tutta mia e personale con quella persona, senza sapere se fossi mai stata capace di trasmetterla.
Sono certa che in qualche modo molti pensano di non aver conosciuto abbastanza o non aver fatto abbastanza per le persone a cui vogliamo bene.
ReplyDeleteA volte non ne abbiamo la possibilità, a volte non creiamo la giusta occasione.
Se riusciamo a diventarne consapevoli, cerchiamo di fare del nostro meglio da quel momento in poi!
Già, in questo caso particolare ero piccola per rendermi conto di tutte queste cose, però poi ho potuto impararne delle altre quando sono venute a mancare altre persone alle quali tenevo... adesso devo imparare a prendermi cura delle persone vive e vegete e sento di stare piano piano imparando a farlo! :°D
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