Eccomi qua!
Dopo aver sbrigato qualche faccenda universitaria relativa all'assegnazione della tesi e con ancora qualche piccola cosuccia da sistemare, mi dedico al relax di queste giornate parecchio fredde anche per un'isola e per una città come quella in cui vivo.
Il fine settimana scorso, al ritorno da Cosenza e a bordo di un comodo e caldo pullmann, vedevo la città di Messina già in balìa dell'acqua e del vento* che, in questi giorni, si sono tramutati in neve, mentre Catania pasceva ancora in un languido sole che, però, non ha impedito al freddo di imbiancare l'Etna e di arrossare le estremità scoperte dei visi dei passanti!
[*: mi viene in mente mio padre quando commenta il circolo d'aria che solitamente abbiamo fra i balconi dicendo: "e cchi ssemu a Missina?", data la tipicità del vento messinese figlio dello stretto!]
Quando viaggio mi piace parecchio guardarmi attorno, più che altro mi viene naturale osservare a naso all'aria le costruzioni che incontro camminando e noto come ogni città (o paesino che sia) abbia delle particolarità sue proprie che si manifestano nella concezione urbanistico-architettonica.
Mentre Catania è una città piuttosto scura a causa dell'impiego in ogni dove della pietra lavica, dall'impianto stradale ordinato su schema a cardo e decumano, con qualche complicazione ed intreccio nelle zone più medievali della città (come quella del Castello Ursino e via Plebiscito), percorribilissima a piedi in qualsiasi direzione e aperta agli orizzonti, Messina risulta più bassa e 'portuale' nella struttura, almeno nelle zone che ho avuto modo di percorrere in diverse occasioni. I palazzi sembrano dei grandi magazzini tipici del porto o sedi consolari, come in effetti in qualche caso saranno stati in tempi non lontanissimi, e sono contrassegnati dalla bassezza dell'alzato ed estensione in larghezza/lunghezza delle facciate; il senso che da è proprio quello di una città in cui si transita continuamente, a differenza di una Catania che, invece, da più il senso di una chiusura, geograficamente segnata dal Golfo, che abbraccia ma al contempo sovrasta l'arrivato.
Cosenza, dal canto suo, è una città parecchio variegata e dalle soluzioni architettoniche sorprendenti. La zona più antica presenta una struttura urbanistica basata su viuzze e piccoli vicoli, in generale l'utilizzo di mattoni o pietra molto chiara la rende luminosa, nonostante sia più chiusa al cielo rispetto a Catania; la cosa particolare è che qua e là ci sono delle costruzioni parecchio contemporanee e fantasiose, soprattutto nell'utilizzo dei colori, che la fanno sembrare una città che, come detto da un mio amico: "è brava, ma potrebbe fare di più". C'è un guizzo giovanile, c'è uno spazio all'innovazione, c'è un'idea verso il futuro, ma ancora è in stato di sviluppo, di sperimentazione con tentativi di attuazione.
Questa 'volontà di progresso' non si vede molto in Sicilia, anzi, le città siciliane sembrano immerse in una dimensione temporale a se stante e parallela rispetto a quella globale, questo dona un fascino mitico, arcaico, romantico alle città, ma al contempo le intrappola in una sfera da cui sembra essere difficile uscire.
I siciliani spesso commettono l'errore di pensare di essere arrivati, difficilmente si osservano o si confrontano con realtà diverse, poiché considerano la propria come 'la più perfetta'. Credo questo derivi sia dall'isolanità che dalle vicissitudini storiche che la Sicilia ha vissuto, sia in senso positivo che negativo; mi spiego. Le differenti dominazioni hanno donato alla Sicilia una vastità di cultura e benessere, soprattutto in epoca medievale e rinascimentale, benessere che ha via via foraggiato troppo l'orgoglio locale e costruito la base di un feudalesimo non solo fisico ma anche mentale. Leggere Il Gattopardo di Tomasi di Lampedusa aiuta a comprendere questo in modo efficace (presto riporterò proprio un significativo discorso tenuto dal principe di Salina in merito).
È come se si vivesse una sorta di bipolarismo.
Come mi è venuto da pensare confrontandomi con un amico sulle mentalità calabrese e siciliana, è come se il siciliano fosse vasto come il mare, ma si fermasse sulla spiaggia a guardare, piuttosto che provare ad andare a largo. Questo è un grave handicap, anche perché, come ho accennato in uno dei primi post su questo blog, ho avuto modo di conoscere personalità letterarie veramente immense e profonde come gli oceani e, anche dal post su Malarazza, non fa altro che colpirmi sempre di più questa sensibilità poetica che fa parte di una sorta di ceppo genetico comune, ma che rimane cristallizzata nel tempo... e anche nello spazio. Consiglio vivamente di vedere L'uomo delle stelle con Sergio Castellitto per capire più a fondo anche questo altro discorso.
Insomma, partendo dalle case sono arrivata dove nemmeno io avevo premeditato di condurvi ed il viaggio di questo post è stato bello, almeno per me che l'ho scritto, non so, poi, per chi lo leggerà. :)
A presto!
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